Intervento inaugurazione anno giudiziario (Cristina Osmo Morris)

inaugurazione anno giudiziario

Unendomi ai saluti, ai ringraziamenti ed agli auspici di chi mi ha preceduto, propongo alcune riflessioni al termine – e a margine – della cerimonia di oggi, traendo spunto da tre anniversari.

Dopo aver ascoltato approfondite analisi sullo stato della giustizia nel Distretto, con uno scarto di pensiero, vorrei richiamare la Loro attenzione sul contenuto di un documento amministrativo, datato 7 ottobre 1938, (dunque ancora precedente il Regio Decreto del 29 giugno 1939, che disciplinava l’esercizio delle libere professioni dei cittadini di razza ebraica) con il quale si chiedeva ad un medico genovese “di volere comunicare a questo Sindacato, per disposizoni superiori, con cortese sollecitudine, a quale razza appartenete e quale religione professate”.

Una vicenda privata per ricordare che ricorre l’ottantesimo anniversario della promulgazione delle Leggi Razziali in Italia, leggi la cui applicazione segnò irrimediabilmente i destini individuali e familiari di migliaia di cittadini italiani e la storia, anche giuridica, del nostro paese.

Tali leggi furono anticipate dal “Manifesto degli scienziati italiani” pubblicato dal Giornale d’Italia il 14 luglio 1938 che, in forma di decalogo, riconosce l’esistenza biologica di razze, l’esistenza di razze inferiori e superiori, l’esistenza di “una pura razza italiana”, l’esclusione degli ebrei dalla razza italiana.

Secondo anniversario: il primo gennaio 1948 entra in vigore la Costituzione italiana; i suoi principi fondamentali sono incisi, per dirla con parole di Piero Calamandrei, sulla “roccia di un patto fra uomini liberi che si adunarono per dignità, non per odio, decisi a riscattare la vergogna ed il terrore del mondo”.

La Costituzione ripudia la discriminazione in base al sesso, alla razza, alla lingua, alla religione, alle opinioni politiche, alle condizioni personali e sociali; non si limita, tutttavia, ad affermare il principio di eguaglianza, ma indica un percorso verso un modello di democrazia inclusivo ed emancipatorio, ponendo una sfida inesaurita e, forse inesauribile, all’economia, alla politica e alle istituzioni.

Menziono un ultimo anniversario, che ricorre quest’anno: il 10 dicembre 1948, l’assemblea generale dell’ONU approva la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo che si apre con questa “aspirazione”: “il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti uguali ed inalinabili, costituisce il fondamento della libertà, della pace e della giustizia nel mondo”.

Qualcuno di Loro ricorda dove si trovasse l’undici luglio 1995?

E’ il giorno del genocidio di Srebrenica e Potocari, in Bosnia Erzegovina, ma allora non colpi’ come avrebbe dovuto: una notizia tra le notizie, nonostante la Storia, nonostante la Dichiarazione dei diritti dell’uomo.

Ricordare questi principi nel corso della cerimonia di oggi, anche per opporci alle decine di formazioni e partiti neofascisti che occupano spazi sulle piazze, anche virtuali, aspirando a rivestire un ruolo di sempre maggior evidenza nella nostra società, pur essendo portatori di un ideologia in irriducibile ed aperto conflitto con i valori costituzionali posti a base del nostro ordinamento, la cui condivisione dovrebbe essere il presupposto del patto politico che lega cittadini, politici, donne e uomini che lavorano nella Pubblica Amministrazione.

In tema di diritti civili, esprimiamo soddisfazione in merito a due leggi approvate durante la legislatura appena conclusa.

Mi riferisco alla legge n.76 del 20 maggio 2016, che disciplina le unioni civili tra persone dello stesso sesso e le convivenze e alla legge n.219 del 22 dicembre 2017, che entrerà in vigore il 31 gennaio 2018, in tema di consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento.

Entrambe sono espressione compiuta del principio di laicità, che si fonda sul riconoscimento pieno dei diritti della persona non bilanciabili con altri valori, perchè esso è un valore fondante della nostra carta costituzionale.

Al prossimo parlamento spetterà di affrontare la questione dello ius soli: si tratta, anche in questo caso, di riconoscere un diritto, quello alla cittadinanza per i cittadini stranieri nati, cresciuti e residenti in Italia .

Il contesto è difficile: il disgustoso razzismo di molta destra politica si commenta da solo, ma non si deve ignorare la fragilità di una parte non piccola del nostro tessuto sociale; la legge è necessaria, accompagnata da un cambio collettivo di rotta culturale.

Confidiamo che il Consiglio dell’Ordine neoeletto vorrà proseguire la collaborazione iniziata lo scorso anno con il Comitato, istituendo una commissione permanente sui diritti umani, composta da Consiglieri e Colleghi iscritti all’Albo, come già accade in altri Distretti, rendendo cosi’ ancora piu’ efficace il ruolo dell’Avvocatura come garante dei diritti di tutti.

Infine il nostro augurio di buon lavoro, rivolto ai giudici, ai colleghi avvocati e a tutto il personale amministrativo: che tutti noi sappiamo essere all’altezza delle sfide culturali e giuridiche che ci pone, ancora oggi, la nostra Costituzione.

Vi ringrazio.

Per il Comitato per lo Stato di diritto

Cristina Osmo Morris

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